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Sabato, 03 Luglio 2010 11:58

La mietitura

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La mietitura si faceva a mano, con la falce. Le cannèlla, salvadita in cuoio o in canna impiegati per due, tre o al massimo quattro dita, proteggevano la mano sinistra dai tagli accidentali. Per mezzo di pezze di cuoio, ru manichitte e la vandèra, la protezione si estendeva a volte all’avambraccio e al petto rispettivamente. Per ripararsi dalla polvere e dal sudore si usava legare un fazzoletto intorno al collo. I mazzetti di spighe recisi con la falce erano detti pedàlla e si tenevano assieme legati con uno stelo, ru capistre.
Più pedàlla costituivano una vrancatèlla. Essi venivano deposti sulla casa, un mazzetto più piccolo i cui steli piegati ad angolo retto formavano la base per la successiva legatura del covone.
Re manucchie, i covoni, in attesa della trebbiatura erano stivati in vario modo. Ru pignarìglie, forse perché ricorda la forma di una pigna?, era un modesto mucchio composto di solito da dieci covoni, ma si trova anche di cinque, disposti a piramide, quattro alla base, poi tre, due, e uno in cima.
Nella ràglia (dal latino recolligere attraverso l’italiano antico re[co]glia), i covoni venivano accatastati in un grande parallelepipedo formato a partire da una base di tre covoni, di solito molto facile da coprire in caso di pioggia. L’acchia era invece una composizione di tipo a capanno, dalla capacità variabile, comunque molto grande.
Sotto la guida di un caposquadra, di solito un anziano che aveva il compito di organizzare il drappello e trattare le condizioni con la proprietà, i mietitori in gruppi di 10 o anche di 15 elementi si recavano in Puglia, in Campania o in altri comuni del Molise dove potevano rimanere anche più settimane lavorando e dormendo all’addiaccio senza mai allontanarsi dal campo di grano giorno e notte. Delle squadre che si portavano nelle Puglie potevano far parte solo i mietitori più abili. Chi mieteva a branche era capace infatti di trattenere nella mano sinistra una quantità enorme di spighe, circa un terzo di quelle necessarie per formare un covone, senza avvertire la necessità di deporle a terra. Ad indicare questa particolare destrezza si diceva «Tre branche, nu manocchie». Nei gruppi particolarmente numerosi uno dei componenti era per solito delegato alla legatura dei covoni ed era perciò chiamato ru ligante.

Informazioni aggiuntive

  • Fonte:

    G. Pallotta, Miranda in un secolo di fotografie, Isernia, Terzo millennio, 2000.

Letto 3958 volte Ultima modifica il Sabato, 30 Aprile 2011 03:58

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Giovanni Pallotta

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