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Mercoledì, 04 Marzo 2020 18:15

La cultura non chiude, per virus

Stasera sono andata ad “Aspirin”, una libreria-bistrot di Milano in cui si fondono cultura italiana e cinese. Qui, una volta a settimana, si tiene l'Italian&Chinese Club, un'opportunità di scambio linguistico e culturale tra ragazzi italiani e cinesi. Il nostro incontro di questa settimana si è basato sul tema del Coronavirus, in quanto interessa direttamente i membri della comunità cinese e italiana e si tratta anche di un'emergenza globale che ha causato oltre 600 morti, ad alto rischio di contagio.

I punti più discussi sono stati i seguenti:

Quali sono le persone a rischio?

Come prevenire il rischio di contagio?

Si può andare a mangiare in un ristorante cinese in Italia?

I primi due punti sono tuttora dibattito della comunità scientifica. Si pensa che gli anziani, i neonati e coloro che hanno malattie gravi pregresse siano i più esposti per via del loro carente sistema immunitario. Il contagio si può prevenire curando l'igiene ed evitando l'esposizione alle aree infette, ma è tuttavia un virus alquanto imprevedibile che continua a mutare e non esiste ancora una cura pronta per l'uso.

La terza domanda invece ha creato molto disagio da parte dei miei connazionali, perchè circolano ormai da settimane situazioni di panico e discriminazione.

Il Coronavirus non si prende dal cibo o dai prodotti cinesi e infatti, la multinazionale cinese per cui lavoro ha da tempo esposto una dichiarazione di causa di forza maggiore in cui si legge che, l'unico modo per cui i clienti possano essere influenzati è in termini di ritardi di produzione, come è successo all’ azienda coreana Hyundai che ha chiuso alcune fabbriche per mancanza di parti per la produzione di auto.

Dunque in un ristorante cinese, come in un qualunque altro ristorante, al massimo si può prendere un’afta o una salmonella, ma è un rischio che si corre anche nelle nostre case, se c'è carenza di igiene.

Ho vissuto in Cina per due anni, fino al 2016 e non mi sono mai particolarmente ammalata, salvo qualche gastrite, che prendo abitualmente anche in Italia, neanche mangiando nelle zone più remote, perchè il cibo così come l’acqua viene cotto ad alte temperature, eliminando le componenti batteriche.

In Cina e un po' in tutta l'Asia ci sono mercati e i ristoranti dove si vendono animali vivi, a Pechino c'è n'è uno a Wangfujing, a Bankgok in Thailandia c'è il Chatuchak Market il più grande al mondo ed esitono in quanto parte di tradizioni radicate nella cultura millenaria di questi popoli. Per esempio, nella medicina tradizionale, l'animale deve essere vivo per poter trarre la potenza nutritiva di un essere, il cosiddetto "qi".

Alcune città hanno abbandonato queste pratiche, infatti ricordo che i mercati all'aperto furono tolti nel corso di una notte per volere del governo centrale, sempre per risolvere il problema delle precarie condizioni igieniche e per il decoro della città.

Ma ahimè, in una paese così vasto come la Cina, può capitare che in alcune aree il controllo venga meno, ed è stato proprio questo il motivo della propagazione del Coronavirus: a Dicembre negli uffici e nelle università cinesi circolavano informative sulla questione, in maniera controllata senza suscitare panico ma nella città di Wuhuan, focolaio dell'epidemia, la cosa era stata presa sottogamba per almeno un mese e questa “svista” ha portato alle conseguenze che sappiamo.

I cinesi che studiano, hanno un'attività e un'azienda in Italia non sono un Virus. Mentre noi abbiamo avuto i botti a Capodanno, in Cina, durante la festa più importante dell’anno sono tutti barricati in casa come durante un coprifuoco in guerra, o non sono potuti tornare perchè i voli sono stati bloccati e gli uffici visti erano nel caos. E anche quando sono al sicuro in Italia, non avendo messo piede in Cina durante i mesi del contagio, vengono evitati, insultati per strada perchè portano una mascherina non tanto per protezione ma più per solidarietà e addirittura picchiati, come quei bambini cinesi a scuola secondo alcune notizie recenti.

Il problema è che della Cina, in Italia sì sa poco o nulla in quanto a scuola non si studia studia ne’ storia, ne’ filosofia, ne’ arte e come investitore viene spesso condannata per pratiche ritenute scorrete e aggressive che indubbiamente si riflettono sulla sua reputazione.

Spesso i media contribuiscono alla disinformazione senza ricordare alla gente che, essendo un paese in via di sviluppo, tante cose cominciano a cambiare e migliorare come il controllo sui mercati di animali vivi di cui ho offerto l'esempio qui sopra, il progresso nei diritti umani, le pratiche commerciali, la tecnologia, la mobilità pubblica moderna ed efficiente.

“Ti dispiace se indosso la mascherina?” Mi chiede An quando andiamo in metro. Le rispondo che potrebbe farlo ma poi la gente crederà che sia malata, mentre invece vorrei dirle “Non serve, sei al sicuro”.

In Italia, sono state prese misure efficaci e l'articolo non ha altri intenti che quello di essere un invito alla solidarietà verso la Cina in questo momento e alla cultura generale.

Lara Franceschelli, per l'associazione Miror

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